Chi pensa sia necessario filosofare, deve filosofare e chi pensa che non si debba filosofare, deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.

23.1.10

Che cos'è la morale? - parte 1 -

IDEOLOGIA DELLA MORALE COMUNE

Con il termine morale, si è soliti indicare l'insieme di quei principi etici, sociali e religiosi che muovono al meglio l'individuo nel proprio gruppo sociale. Quando si parla di morale, non si sa mai bene di cosa si sta discutendo, è una concezione astratta che racchiude molteplici concetti. - Si, ma quali? -
Innanzi tutto vorrei capire se questa nasce da sè o se ci viene imposta, se è un fattore positivo o negativo, se è determinata dal consenso di opinioni comuni, anche relativi al contesto storico, o se è guidata da flussi istintivi naturali,. E poi, vorrei apprendere le arti per riconoscerla ed emanciparla, così da poterla criticare o elogiare.
Penso che per ragionare al meglio su questo argomento, dobbiamo improvvisarci scienziati, quindi armarci di bisturi e sezionare la nostra paziente. Inizierei nel suddividere la morale in due schieramenti opposti che non hanno nulla in comune, ma che per uno strano caso, crescono insieme e si plasmano a vicenda. Il primo, che chiameremo gruppo morale etico-sociale, racchiude i pensieri su ciò che comunemente viene definito, giusto, sbagliato, bello o brutto, all'interno di una comunità. Il secondo, che chiameremo gruppo morale teologico-religioso, racchiude ogni tipo di culto, di credenza e di speranza ultraterrena. Occupiamoci del primo.
Per apprendere la morale etico-sociale vigente, basta camminare per il paese e fermarsi di tanto in tanto a scambiare qualche parola con persone di ogni tipo di età. A fine giornata, avremo raccolto abbastanza indizi per iniziare a comprendere e delineare gli elementi che formano la morale comune del nostro tempo. Tra questi spiccano il valore dei sacrifici, percui ogni cosa che costa fatica è ritenuta giusta a priori, l'importanza del lavoro, percui un uomo non ha valore se non ha un'occupazione, il rispetto della legalità, non tanto per il valore civile, tanto più per paura della giustizia, il sospetto e la diffidenza verso ogni nuova azione, perchè è al di fuori dalla "normalità" cittadina, la credenza che una cosa è buona finchè non fa male a nessuno, semplicemente fa male a chi lo pensa, il detto "vivi e lascia vivere", che è l'egoismo mascherato, (anche se inizio a pensare che di questi tempi sia meglio un sano egoismo che un debole amore per il prossimo..), credere buono un uomo solo per ciò che dice o predica, e non voler badare a ciò che fa realmente, cambiare atteggiamento in base a chi si ha di fronte, in questi casi muta specialmente il comportamento del genitore nei confronti del figlio quando deve fare bella figura, la smania di correre dietro ad ogni novità in ogni campo, come se essere informati sia sinonimo di buon gusto o d'intelligenza, pensare che sia giusto il proprio stile di vita, solo perchè non si ha la capacità di vedere oltre, e, qui finisco, ma ne potrei elencare altri, con il degrado culturale progressivo, portato avanti dall'uomo moderno, che non imprime se stesso nelle sue scelte, ma reagisce al proprio contesto sociale: quando l'uomo non fa la società, ma è la società che fa l'uomo.
Se immaginiamo la morale come un sentiero che si sceglie di percorrere nel corso dell'intera vita, certamente non è cosa buona chiedere indicazioni ai nostri vicini di casa. Bisogna fare attenzione a non seguire, come percore, il gregge di chi ci ha preceduto. Non c'è cosa che danneggia di più, quando si parla di morale, che conformarsi all'opinione pubblica, e dare per giusta un'idea solo perchè riscuote più consensi rispetto le altre. Mi sembra di capire che gli uomini (del popolo) non prendono posizione, non sono attivi, ma preferiscono piuttosto affidarsi a ciò che ha detto chi è venuto prima. Così facendo, si tramandano errori da padre in figlio, la società non evolve e le nuove generazioni sono la fotocopia di quelle precedenti.
Per mancanza di volontà, o perchè le fondamenta poggiavano e poggiano tuttora su credenze limitate o relativistiche, come la religione e la non capacità di generare un pensiero profondo, la morale etica non è cresciuta di pari passo con l'evoluzione tecnologica, e questo ha generato nel cosiddetto "uomo civilizzato", uno strano modo di vedere il sociale: è diventato fortemente morale tutto ciò che ci conviene e più nulla viene rispettato. Tutto va in rovina, ma a noi importa la comodità. è paradossale se pensiamo a quanto ci stanno a cuore i nostri figli e a quanto li danneggiamo pensando di educarli.
Solo stando lontani e prendendo le distanze dalla folla potremo acquistare e godere di quella libertà di pensiero che accomuna le menti sane. Il popolo invece, non gode mai, perchè non avendo buon senso, non riconosce il male che lo affligge, anzi lo difende con tutte le sue forze.
La morale comune a mio avviso, è decisamente negativa, è formata da idee date per certe che altro non sono che delle false verità. Ogni epoca ha la sua falsa morale, un'insieme di errori, malumori e sottocultura che accomuna i non pensanti. Al popolo, sia che gli venga imposta, o che esso stesso si crei una falsa morale di per se, non interessa, è la mancata propensione al pensiero che accomuna questo tipo di persone, non le idee o le diverse convinzioni. Lo spirito di aggregazione supera lo spirito attivo personale, da qui il licenziamento della ragione.
La morale etico-sociale comune è una burla, uno scherzo, una recita grottesca con una pessima scenografia, sta a noi smascherarla, renderla ridicola, per tornare a respirare e a goderci il sole.

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21.1.10

Sull'illegalità moderna

LA CAUSA DELLA CRIMINALITà NON è L'INEGUAGLIANZA DEI REDDITI

Con la recessione, la perdita consistente di posti di lavoro e il continuo aumento del costo della vita, la criminalità sarebbe dovuta aumentare, invece non è così. La teoria, povertà uguale criminalità, era sbagliata. Probabilmente nacque da associazioni di pensieri generati da un preciso contesto storico, o semplicemente era solo un pretesto per attaccare il capitalismo, sta di fatto che, ad oggi, le ineguaglianze e i livelli di povertà sono aumentati e i crimini diminuiti.
Anche per le guerre viene fatto il medesimo errore, si pensa siano mosse dai poveri come ultima scians per affermare loro stessi e i loro diritti, ma la storia ci mostra come queste vennero sempre iniziate dai paesi più ricchi, con ingenti quantità di risorse. Solo chi detiene potere e ricchezza può permettersi di insorgere o delinquere. Che sia una guerra o un'associazione criminale, ambedue necessitano di denaro per sopravvivere, e se molto spesso la guerra si dimostra un'inutile dispersione di risorse, la criminalità organizzata guadagna, e anche bene.
Il potere di un'azienda criminale è direttamente proporzionale alle risorse economiche che detiene, per combattere la criminalità bisogna prima di tutto congelarne i conti bancari e bloccare ogni fonte di sostentamento lecito o illecito che sia. Se il reddito diminuisce, diminuirà anche la capacità di delinquere.
Come stonano alle mie orecchie i monologhi di politici dotti, quando mettono in guardia il popolo dai più poveri, pronti a commettere chissà quale reato! In verità i poveri non centrano mai nulla con l'incremento della delinquenza, sono le classi intellettuali che attribuiscono loro comportamenti che non gli appartengono.
Se un'operaio perde il lavoro, non diventerà affatto un bandito, non saccheggerà alcuna casa, i suoi onori rimarranno gli stessi, a differenza del migliore professore che trema dinnanzi una possibile povertà. Le classi più povere riconoscono la loro dignità nelle piccole cose, sono molto pragmatiche, e anche qualora fossero chiamate a fare un passo indietro, difficilmente insorgerebbero.
La borghesia moderna invece, nemmeno riconosce questa dignità, la filtra, la distilla attraverso le proprie fantasie e i sensi di colpa. Il ricco, che spesso costruisce le basi della propria morale in relazione ai propri beni, difficilmente accetterebbe di retrocedere, perchè il suo spirito, gracile e avido, guarda prima agli altri, poi a se.
Del resto si sa, e la storia lo conferma, il popolo è più onesto e leale dei propri portavoce.

Del sociale

USI E COSTUMI DELL'ISTERIA CONTEMPORANEA

La baraonda moderna si fa sempre più incisiva, sicchè anche chi si delizia con la pace e la tranquillità, si trova in condizione, non solo di esserne partecipe, ma anche di darne, in modo seppure originale, il proprio contributo. Il sistema economico mondiale, che impone una continua produzione, tiene lo sviluppo sociale a guinzaglio. L'uomo moderno possiede in forma di libertà due terzi della sua giornata, in cui deve in primo luogo vivere, poi occuparsi dei famigliari, degli amici, di se stesso, della propria compagna, del cane, del gatto, dell'abitazione, del mezzo di trasporto e di tutto quello che comporta la vita in società, per poi riposare e dormire. - Dov'è l'elemento contemplativo? -
L'uomo moderno ha dimenticato il piacere di avere una stanza segreta dietro il muro, un posto candido dove correre al riparo dalle invasioni della propria epoca, dai cattivi pensieri e dalle follie politiche, un luogo dove mescolarsi nel silenzio ed espandere il pensiero e lo spirito. Per vivere in società, bisogna prima vivere bene in solitudine e riscoprire la necessità di oziare.
La morale comune, da sempre indica l'ozio come un fattore negativo, un vizio di cui vergognarsi, invece è tutto l'opposto. La capacità di oziare è propria delle nature nobili, l'ozio è il terreno fertile dove proliferano le più alte virtù. Questo fa si che l'anima trovi il suo giusto equilibrio di benessere e predispone l'uomo ai sui momenti migliori. L'ozio deve essere progressista e non perditempo. Deve riportare l'uomo ad una dimensione contemplativa, cosicchè possa tornare a pensare e meditare in modo sereno su se stesso e sull'universo.
Lo scultore, darà alla luce la sua opera migliore, quando le sue emozioni e i suoi pensieri saranno nutriti dalla calma dei tramonti estivi, lontani dalla necessità del produrre e dalle idee di novità. Così sarà per il pittore, il musicista, il poeta, il filosofo e per tutto il resto del mondo.
L'idea della produzione continua, in qualunque attività, rende volgari e non porta altro che non sia malessere e malumore, inevitabilmente, l'uomo addebito alla produzione, diviene oggetto, perde di spessore e invecchia precocemente, dimentica la sua natura irruenta e si appiattisce dietro il minimo sforzo richiesto dal suo impiego.
Altri uomini cosiddetti "attivi", mancano di attività proprio nell'elemento fondamentale, l'individualità. Essi sono stimati banchieri, commercianti o avvocati, ma poco apprezzati come uomini unici e irripetibili, o come mariti o padri di famiglia. In questo risultano gracili e pigri. Esistono infinite maschere da presentare in società, nelle feste e nelle piazze, ma nel privato perdono di valore, cadono come piovono le foglie secche, e quando cadono le foglie è perchè o si cambia stagione o perchè all'albero sopraggiunge la morte.
C'è sempre l'eccezione, ma l'uomo ozioso di solito è comunque migliore dell'uomo attivo in quanto riabilita se stesso alla condizione di essere umano e non di "essere produttivo", è giusto lavorare, ma lavorare tanto quanto ci indica la nostra natura, perchè può apparire bizzarro ma, c'è chi non sa cosa fare quando lavora, e chi non sa cosa fare quando riposa, ciò che per alcuni uomini rappresenta la salvezza, per altri può rappresentare l'oblio.
Penso che l'intenzione della natura non era quella di produrre, con tutta questa spesa di mezzi e potenza, un risultato così mediocre nella civiltà umana. Gli uomini stessi ci indicano la strada per un vita migliore, noi tutti abbiamo il presentimento che oltre ci sia qualcosa di grande, ma aimè, per ora ci limitiamo a "guardare il muro e a guardarci le mani".